Commemorazione di Leonessa

7 aprile 2023. Si è svolta questa mattina a Leonessa (Rieti) la cerimonia di commemorazione delle vittime degli eccidi di Leonessa (marzo-aprile 1944). La delegazione ANFIM, composta dal Vicepresidente Anfim Maurizio Campitelli, dal Consigliere Paolo Giammei e dall’alfiere Francesco Giammei, si è unita alle Autorità civili e militari e alle associazioni locali nel ricordo dei civili e partigiani fucilati dai nazisti a Leonessa e nelle frazioni di Albaneto, Cumulata, Ponte Riovalle, Vallunga, Villa Carmine, Villa Pulcini.

Nel suo discorso, il Vicepresidente Campitelli ha evidenziato l’impegno dell’ANFIM e delle altre associazioni antifasciste nel far conoscere – in particolare alle nuove generazioni – le tragedie causate dal fascismo e dal nazismo e i valori della Resistenza:

È il momento di opporre al revisionismo, alla divisione e al rancore una nuova narrazione quella che nasce dalla Resistenza e dai suoi valori: la Memoria, l’Impegno e la Libertà che nella nostra Costituzione si traducono con una parola inequivocabile: antifascismo.

L’ANFIM è qui a Leonessa, su invito del Sindaco Gianluca Gizzi, che ringraziamo, con il sottoscritto Maurizio Campitelli e Il consigliere Nazionale Paolo Giammei, per celebrare ed onorare le vittime degli eccidi nazifascisti avvenuti a Leonessa e nelle località limitrofe che, tra il 29 marzo e il 7 aprile, causarono la morte di 51 civili, dunque a soli tredici giorni dalla strage delle Fosse Ardeatine.
Il territorio di Leonessa fu interessato, come altri vicini, dai movimenti partigiani che, dall’ottobre del ‘43, facevano riferimento alla Brigata Garibaldi “Antonio Gramsci”, e che da dicembre del ‘43, a seguito della liberazione di Cascia e Norcia, presero il controllo di gran parte di questo territorio. Il 1° aprile del 1944 diverse migliaia di uomini della Wehrmacht e delle SS diedero inizio ad una vasta operazione militare antipartigiana. Leonessa venne occupata dai tedeschi guidati dal colonnello Ludwig Schanze. Furono arrestate tante persone e il 2 aprile 1944 iniziarono i massacri e le fucilazioni di sei persone nella frazione di villa Carmine. Nei giorni successivi vi furono altre fucilazioni, e dal 2 al 7 aprile persero la vita 51 civili.
Noi non dimentichiamo, celebriamo con orgoglio e commozione coloro che, per liberare l’Italia dal nazifascismo diedero la loro vita.
Ripensiamo all’urlo della madre, “la Marona”, di Don Concezio Chiaretti, che in quel Venerdì Santo, entrò in chiesa dove Don Concezio stava facendo la coroncina in onore dell’Addolorata, dicendo: “Scappa figlio che i tedeschi ti stanno cercando”.
Ricordiamo una mamma che con i suoi piccoli figli scrive in ricordo del marito e padre: “Sono qui in questo cimitero, (Leonessa) dove sono pietosamente composti i resti di mio marito (Ivano Palla) nella calma della morte, dopo l’orribile strazio dell’insensata tragedia del Venerdì Santo, per rievocare di quanto dolore e lutto siano artefici l’uomo e il popolo che non temono Dio.”
Ricordiamo i 23 cittadini radunati in piazza, scelti perché “comunisti”, secondo le direttive di una donna malvagia che indicava le persone da uccidere esclusivamente per biechi motivi personali.
Ricordiamo, con enorme tristezza, che i cadaveri delle persone trucidate furono portati su scale a pioli, usate come barelle, nella chiesa di S. Francesco che si riempì di sangue. Il giorno di Pasqua le campane non suonarono a festa per la resurrezione di Cristo ma a lutto per i funerali.
Ricordiamo tanto altro, e l’enorme tragedia vissuta dai familiari delle vittime
Pensavamo che il nazifascismo dopo 79 anni da questi tragici eventi fosse un lontano ricordo. Purtroppo, non è così. La destra radicale neofascista e neonazista si è ritagliata oggi un proprio spazio inserendosi nello sviluppo e nella crescita elettorale della destra estrema populista e xenofoba, in corso in tutta Europa, soprattutto nei Paesi dell’Est. Vengono messi in discussione principi che sembravano consolidati, l’uguaglianza, la solidarietà, l’integrazione, sino ad arrivare alla delegittimazione degli organismi elettivi, partendo dal Parlamento. In alternativa si riaffacciano concetti pericolosi basati sull’autoritarismo e l’insofferenza verso tutte le diversità culturali. Si sente parlare di razza, termine orribile, che ci ricorda eventi drammatici.
La composizione sociale dei cittadini e dei militanti di simili aggregazioni o partiti è formata da persone, che, in questa società, hanno perduto senso e ruolo, soffrono di frustrazioni e disagi per la loro vita precaria e destabilizzata da un capitalismo sempre più disumano. La crisi dei sindacati e di quei partiti che storicamente tutelavano questa gente, ha contribuito fortemente a creare un vuoto di rappresentanza che è stato in gran parte riempito dai movimenti di estrema destra.
Cosa facciamo noi come ANFIM anche collaborando con altre associazioni antifasciste? Cerchiamo, in tutti i modi possibili, di far conoscere alle nuove generazioni quali tragedie hanno prodotto il fascismo ed il nazismo.
Per non dimenticare, teniamo viva la memoria di chi ha dato la vita per la libertà di questo Paese. Ci inchiniamo davanti ai nostri martiri in segno di rispetto e onore vero.
Dobbiamo, in ogni caso, ricordare la XII Disposizione (transitoria e finale) della Costituzione Repubblicana che vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.
I Padri Costituenti fissarono dei paletti netti e chiari per chi avesse voluto, negli anni a venire, far rivivere l’ideologia fascista.
Nel 1973 fu sciolto il movimento Ordine Nuovo. Nel 1976 toccò ad Avanguardia Nazionale. A distanza di quasi cinquanta anni resta vivo l’estremismo di destra sempre pronto a mettere in atto azioni eversive.
La linea morbida dello Stato non ha funzionato e non va bene.
La democrazia esige che tutti i movimenti politici di chiara ispirazione neofascista vengano sciolti e che vengano perseguiti i noti personaggi che li organizzano. Non devono esistere superficialità, ambiguità e incertezze, né si deve lasciare spazio a chi cerca di coprire tali movimenti dicendo di “ignorarne la matrice” che invece è di chiaro stampo neofascista.
Quest’anno la commemorazione si inserisce in un contesto politico sempre più complicato che vede messi in discussione non solo i valori fondanti della nostra Costituzione ma persino fatti storici – come l’attentato di via Rasella – colpiti da un revisionismo che offende chi ha dato la vita per ridare dignità e libertà all’Italia.
Le ultime dichiarazioni e i recenti episodi sono solo la punta dell’iceberg, assistiamo in continuazione ad affermazioni e azioni atte a sradicare le radici ideali, politiche, istituzionali e culturali dell’Italia costituzionale.
La parola revisionismo viene usata a sproposito per dare agli avvenimenti nuove letture. Vengono dette falsificazioni, bugie per riproporre argomenti che sono stati prima della propaganda fascista poi postfascista e oggi neofascista.
La storia non va riscritta ma tramandata. Il fascismo e il nazismo sono stati sconfitti e chi non riesce a comprenderlo dovrebbe dimettersi da qualsiasi ruolo istituzionale che ricopre.
Parlare di pacificazione significa ragionare in modo velenoso e suggerire che ci sia una conflittualità irrisolta. Non è così; la nostra Costituzione, che nasce dopo la caduta di una dittatura, e l’Italia democratica, sono oggi quelle che sono perché la Resistenza ha avuto un ruolo fondamentale nella liberazione dell’Italia, per dare a noi tutti pace e libertà.
Chi parla di pacificazione vuole legittimare il proprio legame identitario e storico col fascismo
Parlare di memoria storica condivisa è una aberrazione. Noi già abbiamo un terreno di gioco comune con delle regole precise che sono contenute nella nostra Costituzione che, ripeto, vieta la riorganizzazione sotto qualsiasi forma del disciolto partito fascista. È dunque molto grave che si tenti di disconoscere fatti fondamentali ed acclarati dalla storia e dalla ricerca storica.
Da troppo tempo si susseguono episodi a cavallo tra cronaca e politica: scegliere consapevolmente parole che tendono a un’assoluzione del fascismo ed una svalutazione della Resistenza, tradurre come goliardata il pestaggio fascista davanti alla scuola di Firenze, intimare provvedimenti disciplinari contro la preside che prende parola contro l’aggressione. Sono tutti segnali di una volontà esplicita: quella di operare una controriforma culturale che ha come fine il progressivo cambiamento del senso comune di una parte dell’opinione pubblica.
È il momento di opporre al revisionismo, alla divisione e al rancore una nuova narrazione quella che nasce dalla Resistenza e dai suoi valori: la Memoria, l’Impegno e la Libertà che nella nostra Costituzione si traducono con una parola inequivocabile: antifascismo.

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